Nata il 4 marzo 1903 a Cassano Magnago (Va) da Adele Mazzucchelli e dal medico Luigi Del Bo, Lea frequenta il liceo per poi iscriversi alla Facoltà di medicina di Pavia. Studia microscopia clinica e neuroistopatologia con Camillo Golgi (1843-1926), Luigi Sala (1863-1930), Edoardo Perroncito (1847-1936) e Scipione Riva-Rocci (1863-1937), laureandosi con lode nel 1925. Portando avanti le ricerche sulla sclerosi a placche per la stesura del lavoro di tesi, inizia a frequentare il laboratorio della Fondazione Mondino, allora diretto dallo psichiatra Ottorino Rossi (1877-1936), di cui sarà allieva e compagna di vita; dopo la laurea lavora presso la Clinica neuroistopatologica dell’Università.
Personaggio dalla personalità forte, «vivacemente impegnata in campo politico sin da giovane», scrive Max Beluffi, direttore del manicomio della Provincia di Milano all’epoca della morte di Lea Del Bo Rossi, essa «subì, per questo, ripetute persecuzioni e violenze fisiche senza che nulla riuscisse mai a distoglierla, comunque, dall’impegno ideale che caratterizzò sempre, fino agli ultimi anni della sua vita, la difficile testimonianza politica della sua vita» [Beluffi, 1979, (1), p. 1606].
Nel periodo successivo Lea pubblica ricerche che riguardano le sue esperienze cliniche di medico presso l’Istituto psichiatrico provinciale di Milano, su temi come la terapia psichiatrica, l’automatismo midollare, l’echinococcosi cerebrale, il trattamento della paralisi progressiva con penicillina, la rigenerazione nervosa, o il “senso del reale” nella psicastenia.
Dalla fine degli anni Quaranta si dedica prevalentemente allo sviluppo di un metodo di colorazione basato su una tecnica di impregnazione Coz-argentica, di cui presenta i dati in vari articoli su la «Rivista sperimentale di freniatria» e «Il cervello». Raccoglie i risultati in un volume, Il sistema nervoso studiato con una nuova tecnica, uscito in due parti nel 1949 e 1950, e corredato da numerossissime microfotografie. Questo «metodo personale di impregnazione», come scrive il neurologo Carlo Berlucchi (1897-1992) nel 1950 sulla «Rivista sperimentale di freniatria» in una recensione del lavoro della Del Bo, «è capace di rivelare figure sinora non ancora prese in evidenza di cellule e fibre nervose»; tra questi preparati, secondo Berlucchi «molto interessanti» sono «quelli del reticolo nervoso diffuso centrale, reticolo che risulta grazie al nuovo metodo con parvenze così diverse da caso a caso da giustificare appunto l’opinione espressa dall’Autrice che esso vada a sua volta suddiviso in formazioni distinte e che la ricostruzione sinora datane fosse dovuta all’insufficienza dei metodi usati» [Berlucchi, 1950, p. 312].
La Del Bo applica la sua tecnica in campo istopatologico allo studio dei tumori, di cui mette in rilievo la ricca innervazione e in special modo formula un’ipotesi sull’origine infettiva del cancro. Questi risultati vengono accolti con opinioni discordanti; Lea tenterà a lungo di far sì che ne venga riconosciuta validità scientifica: come sottolinea sempre Beluffi, ella, «con lo spirito caustico e pugnace che la caratterizzava, mai si sottrasse» alle «vivaci polemiche interpretative» che accompagnarono i suoi scritti [Beluffi, 1979, (1), p. 1607].
Nel 1974, pochi anni prima della sua morte, in un ultimo tentativo di ottenere la visibilità e il riconoscimento pubblico che riteneva le fossero dovuti, raccoglie in una pubblicazione (Il sistema nervoso studiato con una nuova tecnica. Consensi e valutazioni) le recensioni e i commenti, sia italiani sia stranieri, ai risultati da lei presentati fino ad allora.