Nata: 23 Giugno 1890 (Milano)
Morta: 28 Giugno 1942 (Pavia)
Esplora album (2 foto)Nata a Milano il 23 luglio 1890 da Gaetano ed Edvige Longhi, Rita Brunetti conseguì la licenza classica presso il Liceo “G.C. Beccaria” di Milano nel 1908. L’anno dopo iniziò a frequentare il corso di matematiche pure presso la Scuola normale superiore di Pisa grazie ad una borsa di studio. Ben presto, tuttavia, indirizzò i suoi studi verso la fisica conseguendo la laurea in tale materia nel 1913 all’Università di Pisa, ove ebbe come maestri fisici del valore di Antonio Garbasso, Augusto Raffaele Occhialini, Angelo Battelli, Antonino Lo Surdo.
Completato l’anno di specializzazione grazie all’assegnazione del premio “Lavagna” che le permise di proseguire la ricerca in campo spettroscopico avviata con la tesi di laurea, iniziò la sua carriera universitaria prima presso il Gabinetto di fisica dell’Istituto di studi superiori di Firenze diretto da Garbasso e, poi, nell’osservatorio astronomico di Arcetri dove, nel frattempo, Garbasso aveva spostato la propria attività di ricerca. Qui poté giovarsi altresì della guida di Lo Surdo il quale nel 1914, contemporaneamente a Johannes Stark, aveva scoperto il fenomeno della scissione delle righe spettrali in campo elettrico.
Quantunque la Brunetti nei suoi primi lavori si cimentasse proprio in questo settore sulla scia delle indagini di Lo Surdo, diede subito prova di sapersi muovere con abilità ed autonomia nel campo della sperimentazione osservando, per la prima volta, la comparsa di nuove righe spettrali nell’elio.
A partire dal 1917 cominciò ad occuparsi di spettroscopia X. Si trattava di indagini che se, da un lato, presero il via da una tecnica innovativa di analisi che, mediante l’uso di lamine cilindriche di salgemma, le permisero di ottenere spettri di maggiore intensità e per la quale le fu conferito il premio “Sella” dell’Accademia dei Lincei; dall’altro, anziché essere essenzialmente una raccolta di dati sperimentali come i precedenti lavori spettroscopici, piegarono, seppure con una iniziale cautela, nel senso di una interpretazione dell’emissione atomica dei raggi X sulla base del modello quantistico.
A riprova della sua capacità di lavorare fin da giovanissima nei settori di avanguardia, con l’entrata in guerra dell’Italia le venne affidata la direzione temporanea dell’istituto di Arcetri.
Nel 1923 conseguì la libera docenza in fisica sperimentale. Risalgono a questo periodo, per un verso, le sue indagini sulla spettroscopia d’emissione concernenti le relazioni fra le varie componenti della riga spettrale verde del mercurio e gli isotopi di tale elemento nonché sulla inversione della riga azzurra del mercurio; per l’altro, sulla spettroscopia interferenziale.
Negli anni compresi fra il 1924 e il 1926 iniziò pure una ricerca volta ad individuare l’elemento a numero atomico 61, la cui esistenza era all’epoca prevista solo sulla base della tabella di Mendeleev, in virtù della quale acquisì una notevole famigliarità ed esperienza con le caratteristiche delle terre rare, ossia quegli elementi che hanno numero atomico compreso tra 57 e 71 e che presentano proprietà ottiche e magnetiche di grande interesse anche pratico.
Risale al 1926 pure il primo di un gruppo di lavori sulle applicazioni in ambito medico-biologico della fisica nucleare dal titolo Sull’azione biologica delle radiazioni dure.
Si delinearono così alcuni dei suoi futuri indirizzi di ricerca che caratterizzarono tanto il biennio trascorso a Ferrara (1926-1928) quale titolare della cattedra di fisica sperimentale, quanto il breve periodo in cui, per far fronte alla carenza delle attrezzature trasferì la ricerca sperimentale presso l’Istituto di fisica dell’Università di Bologna diretto da Quirino Majorana, dove fu incaricata anche di fisica superiore. Il soggiorno bolognese, quantunque breve, venne coronato nel 1927 con la nomina a socio corrispondente della locale Accademia delle scienze.
Con queste ed altre credenziali, nel 1928 ottenne il trasferimento da Ferrara a Cagliari ove proseguì le ricerche precedenti e ne avviò di nuove affrontando il tema del policroismo cristallino in collaborazione con Zaira Ollano.
L’interesse per le proprietà ottiche degli ioni di terre rare in soluzioni – coltivato per l’appunto nel periodo cagliaritano (1928-1936) – era giustificato dal fatto che all’epoca mancava ancora una classificazione spettroscopica precisa di questi elementi. Sotto questo profilo, la Brunetti cominciò ad osservarne lo spettro di assorbimento in vari stati termici e di aggregazione, individuando nella «presenza di un campo intramolecolare […] di natura elettrica» la causa della struttura dello spettro in questione. L’ipotesi le apparve subito particolarmente feconda giacché in ultima analisi apriva la strada a una possibile verifica sperimentale della legge di Pierre Curie, secondo la quale la suscettività di un corpo paramagnetico può variare al variare della temperatura.
Le ricerche sulle terre rare così come gli studi sul paramagnetismo degli ioni degli elementi dei gruppi di transizione della tavola periodica rappresentarono una novità, almeno per il panorama italiano, nell’ambito della fisica dello stato solido e furono particolarmente apprezzate all’estero. Che fossero effettivamente ricerche di punta lo dimostra il concomitante interesse per questi studi dell’inglese Edmund Clifton Stoner e del francese Jean Marie Becquerel. Proprio con quest’ultimo, la Brunetti intrecciò una garbata polemica per questioni di priorità sia per quanto riguardava i risultati sperimentali sia dal punto di vista dell’interpretazione teorica. Fu però Stoner ad essere indicato nella successiva letteratura come il precursore della teoria del magnetismo di John van Vleck, futuro premio Nobel nel 1977; mentre lo scritto Teoria del paramagnetismo per joni soggetti ad azione molecolare forte del 1929, in cui Rita giungeva pur con le debite differenze alle stesse conclusioni di Storer, non trovò riscontro presso la comunità scientifica internazionale.
Di notevole interesse è pure l’attività di alta divulgazione scientifica che testimonia lo sforzo della ricercatrice di delineare un quadro delle innovazioni introdotte dalla meccanica quantistica attraverso iniziative editoriali mirate che si concretizzarono, nel 1932, con la pubblicazione di L’atomo e le sue radiazioni e, nel 1936, di Onde e corpuscoli.
A questa data aveva lasciato la direzione dell’Istituto di Cagliari per assumere quella dell’Istituto di fisica “Alessandro Volta” di Pavia coadiuvata dalla fidata Ollano che l’aveva seguita. Nel frattempo aveva ottenuto altri significativi riconoscimenti istituzionali con la nomina a membro del Comitato di fisica del Consiglio nazionale delle ricerche nel 1934. Da questo momento e fino al 1940 il Comitato riserverà un’attenzione particolare alle ricerche sulla radioattività della Brunetti, riservandole un finanziamento di circa 50.000 lire. Intanto, nel 1938 era divenuta socio corrispondente dell’Istituto lombardo di scienze lettere e arti.
Risalgono altresì a questi anni i suoi viaggi di studio all’estero, prima preso L’institut du Radium e quello privato di De Broglie a Parigi, il Cavendish Laboratory di Cambridge e, in seguito, in Germania dove visiterà l’Institut für Medizinische Forchung di Heidelberg e l’Institut für Physikalische Grundlagen der Medizin a conferma della necessità di una collaborazione sempre più stretta tra le discipline mediche, biologiche e fisiche.
Questo tema, insieme agli studi sui raggi cosmici, ambito in cui la Brunetti, servendosi della tecnica d'avanguardia delle emulsioni, particolarmente adatta per rilevare le tracce delle particelle veloci, studiò il mesone, caratterizzarono gli ultimi anni della sua attività scientifica.
Morì a Pavia il 28 giugno 1942.Avete un nuovo nominativo, una data, un'immagine, una qualsiasi segnalazione per arricchire il nostro sito?