Nata: 3 Giugno 1799 (Terracina)
Morta: 23 Aprile 1879 (Roma)
Esplora album (4 foto)Nonostante l’età, a 74 anni intraprese un viaggio a Firenze per partecipare al Congresso internazionale di botanica. Fu accolta con grandi onori e rimase entusiasta soprattutto per le nuove amicizie strette con i botanici stranieri presenti. Perfino verso la fine della sua vita si occupò dei suoi amati oggetti botanici. Sua figlia adottiva Enrichetta, figlia del suo maestro e amico Ernesto Mauri, che si era presa cura di lei, raccontò che il ricevimento di un pacco con muschi provenienti dalle isole Mauritius e Ceylon l’incantava talmente da sollevarla da tutti i disagi. L’ultima comunicazione scientifica apparve un mese prima della sua morte, avvenuta a Roma il 23 aprile 1879.
Negli anni Cinquanta pubblicò alcuni lavori più specifici. In particolare, studiò dettagliatamente la fine anatomia e il ciclo di sviluppo di un cianobatterio, Nostoc, e il suo rapporto con Collena, un lichene. Dopo un’attenta analisi microscopica, citologica e chimica avanzò l’ipotesi che si trattasse di due organismi identici. Così dimostrò di sapersi inserire in dibattiti teorici di grande attualità. Non fece però sua la scoperta più importante, avvenuta proprio in questi anni ovvero che non si trattava di un organismo ma di due, un’alga e un fungo, che vivono in simbiosi. Altri lavori di Elisabetta riguardarono nuove specie di alghe d’acqua dolce e una specie inedita di diatomea, Amphora bulbosa. Negli ultimi anni si occupò della vegetazione del Colosseo e di altre rovine romane, protestando contro il governo italiano che, conquistata Roma, la voleva trasformare in una grande capitale, ripulendo tutti i monumenti da “erbacce” che invece erano scientificamente importanti. La sua Florula del Colosseo, cui aveva dedicato quattro anni di ricerche, era quindi non solo un trattato scientifico ma anche un appello per la preservazione dei crittogami e delle piante in genere.
AAVV., «Bulletin de la Societé Botanique de France», 26, 1879, Session extraordinaire a Aurillac, p. 92.
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